E ora dove andiamo?

Shkodër, Albania, 2021

Quando si esce dai confini urbani di Shkodër, in poco tempo si raggiunge il fiume, il lago, il mare e la montagna. Fuori dai centri abitati si percepisce l’identità agreste che ancora caratterizza l’Albania. Le industrie della periferia sono ruderi abbandonati, e la centralità della famiglia in una società ancora fortemente patriarcale si intuisce dalla presenza di donne e bambini che lavorano nei campi. Moschee di piccole e grandi dimensioni svettano in ogni villaggio, in costante tensione tra oriente e occidente. Se per gli esperti di linguistica le radici indoeuropee della lingua albanese sono evidenti, le connessioni con il Medio Oriente si fanno sempre più chiare nella società contemporanea per via delle influenze geopolitiche che russi, cinesi, turchi, e arabi hanno continuato e continuano a esercitare nei Balcani.

Se la maggior parte degli albanesi vive altrove, che scelta possono fare le nuove generazioni? È ancora possibile attingere alle epistemologie locali per rigenerare il tessuto sociale, o non resta che sottostare alla corruzione e alla criminalità organizzata infiltrata nella politica e nella finanza? Dal dialogo con i ragazzi percepiamo come una delle popolazioni che fino a pochi anni fa contava la crescita demografica maggiore della regione, sia segnata oggi da uno slancio in potenza, interrotto da dinamiche locali e globali che, come un terremoto, ne ridimensionano lo scenario.